Riprendendo il concetto di “consapevolezza”, il passaggio a “sostenibile” è naturale, dolce, piacevole e rasserenante
Nel mestiere dell’host, la conquista della consapevolezza sta anche nel comprendere che l’impatto che i nostri alloggi producono al territorio “ospitante” è diverso da un alloggio destinato alla residenza continuativa. Ho detto diverso perché la destinazione specifica occupa una differente casella nella classificazione delle attività antropizzanti: in alcuni casi impatta di più, in altri di meno
Sono di questi giorni i provvedimenti legislativi approvati in alcune grandi città e finalizzati ad un governo del fenomeno degli affitti brevi (turistici). Gli effetti, fino ad oggi non governati, stanno facendo emergere criticità sociali, quali l’alto costo degli affitti e l’indisponibilità di alloggi per la residenza
E’ chiaro: le locazioni turistiche assumono, in questo periodo storico post Covid, la funzione di polarizzatore delle problematiche abitative in atto oramai da diversi decenni. Ne sono certamente una concausa attuale ma di certo non la matrice d’origine
Sarà compito del legislatore ricercare quell’equilibrio e quel giusto mix che possa conciliare le molteplici esigenze sociali: laddove la tensione abitativa è oramai storicizzata e il flusso turistico tende all’over, le normative saranno sicuramente più stringenti (Roma, Milano, Venezia, Firenze e i centri maggiori)
Nella provincia e nei borghi è molto probabile che l’equilibrio si possa raggiungere in modo più “naturale” passando attraverso moti di assestamento dettati da mode del momento e da blanda governance territoriale
La ricerca di questo tipo di sostenibilità sfugge al singolo host anche se urbanista e/o sociologo. Anche se lo fosse i percorsi da attuare sono flussi collettivi che necessitano di coordinamento
Come contribuire allora, come singoli, al perseguimento di una sostenibilità sociale, madre di tutte le altre sostenibilità?
Il vantaggio degli host è essere “indigeni”, conoscere il territorio nel quale si opera e conoscere le istanze sociali che provengono dalla propria comunità; per riprendere un concetto che ho avuto modo di esprimere nel mio primo articolo su questo blog: “lo stanziale e il nomade intrattengono un forte rapporto simbiotico”: il nomade (turista, ospite, viaggiatore) nel suo vagare, trova un territorio e un tessuto sociale che è stato “custodito” e “mantenuto” dallo stanziale (indigeno = Nativo od originario del luogo in cui vive)
Questo è il vero punto di forza degli host, in quanto molti dei nostri ospiti sono alla ricerca della genuinità dei rapporti, del sentirsi parte, seppur provvisoria, di una comunità che deve percepire come inclusiva
L’esperienzialità non è solo lanciarsi a rotta di collo giù per le rapide a dalla zipline. In ogni quartiere c’è un nonno Giuseppe, che per hobby restaura, o una zia Maria che con i ferri da calza fa miracoli o la nipote della zia Maria che si diletta con gli NFT
Ripristinare i rapporti umani, creare reti e connessioni di prossimità, dà valore aggiunto all’host e al tessuto sociale nel quale l’host vive. In questo modo si rafforzano i contatti e si persegue la tanto anelata sostenibilità sociale, ravvivando la socialità e predisponendo l’ospite alla socializzazione quale elemento di forte esperienzialità
Ante Covid scrissi queste poche righe, nel caso foste interessati
https://www.linkedin.com/pulse/teresa-di-peschici-gaetano-gucciardo/
Buona disseminazione a tutti
Gaetano