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Giornata Mondiale dell’Acqua

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Correva l’anno 1993 a Cartagena, l’UNESCO riconosceva ed inseriva Matera nella lista del Patrimonio mondiale dell’Umanità, primo sito del Sud Italia, non per le sue bellezze architettoniche, non per i panorami bucolici, ma per l’atavico sistema di raccolta delle acque

Nel corso dei millenni, questa straordinaria città ha avvertito il bisogno di “imprigionare” il bene più prezioso che la natura poteva offrire, l’acqua, e trasportarla per tutta la città affinché chiunque potesse attingere. Ciò è stato il volano per l’ideazione e creazione di un sistema di approvvigionamento, basato su concetti semplici ed innovativi per le epoche passate ma più che mai attuali: il risparmio delle risorse e la loro conservazione

L’apparato idrico nasce nelle parti apicali di Matera, soprattutto presso la Collina De Montigny, conosciuta come Colle Lapillo su cui sorge il Castello Tramontano. Qui acque sorgive e meteoriche vengono captate e canalizzate in vasche, cunicoli e condotti scavati in modo da proteggere i pendii dall’erosione e convogliare per gravità le acque verso le cisterne collocate più a valle, in prossimità della “Cattedrale dell’acqua” di Piazza Vittorio Veneto, tripartita in  Palombaro Tondo, Palombaro Grande e Palombaro Lungo. Solo quest’ultimo è visitabile ed è caratterizzato da imponenti cisterne ipogeali atte all’accumulo e decantazione delle acque ad uso domestico. Per far ciò, è rivestito di coccio pesto, un materiale ricavato da terracotta riciclata, pestata e combinata con la pozzolana, il quale steso sulle pareti tufacee le rendeva impermeabili

Pensate: una volta all’interno del palombaro, si potevano ammirare gli strati dei vari livelli lasciati dall’acqua, sulle pareti, nel corso del tempo e del segno di ruggine dei secchi “persi” nell’acqua che con la piena toccavano il tetto della cisterna

Da questi luoghi, utilizzando la conformazione geologica ad imbuto o cono rovesciato, si sono sviluppati verso il basso i due anfiteatri naturali denominati Sasso Barisano e Sasso Caveoso, ove i tetti delle abitazioni non mostrano esternamente canalette e pluviali benché compresi nelle murature e consentono di convogliare l’acqua piovana tramite discendenti di terracotta collegati a cisterne casalinghe o di “vicinato” tramite il principio dei vasi comunicanti.

L’industrioso sistema assicurava all’intera popolazione un livello stabile all’interno delle cisterne, ad ogni abitazione una propria autonomia e quindi una gestione responsabile delle risorse idriche

Completavano “l’antispreco” le neviere a pozzo all’interno delle quali veniva accumulata la neve prelevata dai tetti e dalle strade, ammassandola dall’alto. A intervalli si ponevano strati di paglia che fungevano da isolante. Il ghiaccio prodotto dalla neve si conservava fino all’estate e se ne faceva un utilizzo medico, di conservazione per gli alimenti o per fronteggiare i periodi siccitosi

Non vi manca che venirmi a trovare a Matera!!

Marilena